Appuntamento al 19, 20 e 21 Settembre nel Flagship Store Lavazza
- in Piazza San Fedele 2 a Milano -
con tre talk, tre personalità, tre storie.

“L’eccellenza italiana in un caffè”, una crasi di eccellenze, una miscela di sfumature, un luogo e un non-luogo dove le parole hanno un gusto. 

Lavazza, storia della torrefazione torinese da quattro generazioni, incontra Vogue Italia per trasformare il tempo di un caffè in un momento di confronto e condivisione, aperto a chiunque abbia voglia di farlo proprio. 

Dal valore etico ed estetico di ogni oggetto, come di ogni capo, alla voce degli abiti in ogni  rappresentazione personale, il punto di vista delle nuove generazioni, le idee come progetti, la diversità e l’esercizio all’accoglienza di mondi che si abbracciano, perché dove non c’è ancora uno spazio si faccia largo, in un flusso di pensieri. Ogni significato che possa essere associato alla parola capsula contiene sapore, tendenza, materia ma anche capacità di innovare. E questo significato può essere amplificato, diventando un’icona. L’eccellenza italiana è una stanza priva di pareti, dove basta cambiare prospettiva per godere di un punto di vista diverso. È un incastro di forme che, a contatto l’una con l’altra, si modificano e si evolvono dove l’ascolto, però, gioca un ruolo centrale.

di Giulia Di Giamberardino

Trasforma l’evoluzione personale in un’evoluzione professionale ed è un punto cardine nella connessione tra moda e musica, che non fa dell’eccellenza italiana un valore aggiunto ma un valore fondante.
Ma come ha plasmato la sua visione? Cosa lo ha portato a fare la differenza? L’eccellenza italiana non conosce frontiere e non segue itinerari da cartina geografica, sono le nuove generazioni a tracciarne il cammino: dalle parole o dalle note di una canzone spazia fino all’impatto dell’immagine di ogni artista, fino ad arrivare a chi la osserva dagli occhi, dal corpo, dagli abiti.
Se il presente è già futuro, cosa vuol dire costruire e raccontare l’essere italiani di domani?

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Ha trasformato il rapporto con la sua community in un luogo di confronto, condivisione e contaminazione. «Alzi la mano chi non si è mai sentito un pesce fuor d'acqua.
Chi non ha mai pensato di essere sbagliato. Chi, almeno una volta nella vita, non ha fatto il contrario di quello che il resto del mondo si aspettava» scrive nell’introduzione del suo libro.
La sua storia, il suo lavoro, ci permettono di interpretare la diversità come una miscela unica: ciò che non è etichettabile come “normale” non è sbagliato ma è unico, un’icona riconoscibile tra mille.
Cosa vuol dire sentirsi “diversi” in un posto a cui si sente di appartenere?

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Un flusso di spille e parole, parei e pensieri, borse e scatti in analogico in riva al mare, senza prendere fiato fino al punto.
Se il gusto, le passioni, l’attitudine e le aspirazioni sono beni intangibili che il nostro io naturalmente possiede, come si traccia la strada dell’estro?
Se il concetto di capsula è un concetto materiale ma anche astratto, metafora di un insieme pensato per contenere ma anche per fare largo alla trasformazione, come si declina la creatività in funzione dello spazio e del tempo in cui la si vive?

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